Powell ancora sotto pressione,mercati in calo tra dazi e tensioni con Trump


Analisi e prospettive by Trading Modern
La settimana finanziaria appena conclusa si è rivelata particolarmente delicata per i mercati americani. L’attenzione degli investitori si è concentrata su tre fattori principali: il discorso del presidente della Federal Reserve Jerome Powell, il riacutizzarsi delle tensioni politiche con la Casa Bianca, e la crescente incertezza macroeconomica legata all’impatto dei dazi.
Mercoledì 16 aprile, Powell ha lanciato un messaggio chiaro e inequivocabile: la Fed manterrà i tassi elevati “per tutto il tempo necessario”. L’inflazione core, ancora al 3,1% su base annua, e la resilienza dell’economia non giustificano un allentamento monetario. Il mercato ha reagito negativamente. Il Nasdaq 100 ha chiuso la settimana in calo del 2,31%. L’S&P 500 ha perso l’1,50% terminando a 5.282,70 punti, mentre il Dow Jones ha ceduto il 2,66%.
La salita dei rendimenti del Treasury a 10 anni fino al 4,80% ha ulteriormente penalizzato i titoli growth e le large cap tecnologiche, in un contesto che ha favorito la rotazione verso settori difensivi come sanità e utility.
A complicare il quadro, si è aggiunta un’escalation politica potenzialmente senza precedenti. Il presidente Donald Trump ha minacciato apertamente di rimuovere Powell se quest’ultimo non taglierà i tassi per attutire l’impatto economico delle tariffe commerciali. La mossa ha sollevato forti dubbi sulla legittimità di un possibile licenziamento: secondo Powell, l’indipendenza della Fed è “una questione di diritto”, e non è contemplata la sua rimozione per motivi politici.
Il ritorno delle pressioni presidenziali sulla banca centrale ha riaperto una ferita istituzionale rimasta latente sin dal primo mandato Trump, quando Powell fu già oggetto di critiche, ma mai di attacchi tanto diretti. In questa nuova fase, la Casa Bianca ha mostrato maggiore disponibilità a sfidare prassi e protezioni legali consolidate, aprendo la strada a un possibile stallo giuridico che potrebbe giungere fino alla Corte Suprema.
Al di là del confronto personale tra i due leader, ciò che è in gioco è l’equilibrio stesso tra politica monetaria e potere esecutivo. Trump, consapevole dei rischi recessivi connessi alla sua nuova ondata di dazi, vorrebbe una Fed più reattiva e collaborativa. Powell, invece, sa che un intervento anticipato potrebbe compromettere la credibilità della banca centrale, aggravando la pressione inflazionistica in una fase ancora critica. Lo scontro, per ora solo verbale, è destinato a lasciare segni sia sulla fiducia degli operatori che sulla traiettoria futura dei mercati.
Il 9 aprile, Trump ha annunciato la sospensione per 90 giorni di molti dei dazi più rilevanti, una mossa che ha parzialmente allentato la tensione sui mercati del debito pubblico. Tuttavia, gli analisti di Trading Modern sottolineano come questa pausa rappresenti più un’interruzione tattica che una vera inversione di rotta. Il rischio di uno scontro frontale resta elevato.
Le prossime settimane saranno cruciali. I mercati guardano ora alla stagione delle trimestrali: Alphabet, Microsoft e Meta saranno le prime big tech a fornire indicazioni concrete sull’andamento degli utili. Un buon inizio potrebbe ridare fiato al Nasdaq, ma le aspettative sono elevate e la pressione sui margini resta alta, in un contesto di costi di capitale in crescita.
Sul piano macro, fari puntati sul PIL preliminare del primo trimestre, sul dato core PCE di marzo e sulla fiducia dei consumatori. Un PCE sopra il 2,9% rafforzerebbe la posizione di Powell, ma potrebbe accentuare la spaccatura politica. In termini tecnici, l’S&P 500 potrebbe muoversi in un range compreso tra 5.200 e 5.400 punti, mentre il Nasdaq resta vulnerabile sotto i 18.500, con supporti chiave in area 18.000.
In questo scenario incerto, la strategia suggerita da Trading Modern resta improntata alla cautela: privilegiare settori difensivi, sovrappesare l’oro (attualmente sui 3.248 $/oncia) come copertura e limitare l’esposizione su tecnologia a grande capitalizzazione. Al di là dei dati e dei grafici, sarà l’equilibrio istituzionale a dettare i ritmi del mercato nei mesi a venire.